Il XIX secolo è il secolo dell'argenteria inglese così come il XVIII secolo lo era stato della Francia. Il periodo napoleonico, durante il primo ventennio, rinnovò gli antichi splendori imperiali e in tutta l'Europa i propri mezzi espressivi e le proprie sensibilità estetiche, ma quando il grande generale e imperatore fini sull'isola di Sant'Elena, dal 1815 in poi e per tutto il secolo, profondissimi rivolgimenti economici e sociali portarono l'Inghilterra a primeggiare anche nel settore dell'argenteria.

argenteria inglese 1800

Non si trattò di un particolare e distintivo senso formale o di stile, ma piuttosto di quantità di produzione nuove di lavorazione (argento Sheffield), alla macchina. Con la rivoluzione industriale l'Inghilterra si avvantaggiò di tutte le possibilità del progresso, davvero dirompente, fino a dominare il mercato; in tutta Europa si affermò con decisione la nuova classe borghese che aveva ormai ampiamente conquistato e deteneva il potere.

L' industrializzazione sostituisce per sempre il vecchio manifatturiero ed è in grado di soddisfare l'enorme richiesta dei nuovi committenti: continuano a essere prodotti pezzi unici, pregiatissimi e di grandissima specializzazione tecnica e artistica, ma con essi una quantità mai vista di argenti viene prodotta dai nuovi macchinari.

L'argenteria inglese dagli anni Trenta del XIX secolo in poi esporta in tutto il mondo argenteria, frutto di nuovi sistemi di lavorazione, di nuove tipologie, di una nuova e frenetica corsa all'originalità a ogni costo e alla produttività, a scapito, ovviamente, della creatività.

Verso la metà del secolo, nascono le grandi esposizioni, vere mostre mercato, mediante cui gli operatori del settore si incontrano, stringono contatti o, semplicemente, scambiano gusti, tendenze, mode, procedi menti tecnici. E' scontato che tale massiccia produzione sia andata a discapito dell'oggetto d'arte, come, del resto, si verificò in tutti gli altri campi delle arti applicate.

Agli inizi del secolo, lo stile impero, profondamente radicato nel lessico formale del Neoclassicismo e arricchito dei contatti archeologici con la civiltà egiziana, aveva imperversato in tutta Europa: solido, imponente, monumentale, "imperiale" appunto, trovava nelle sfingi alate egiziane e nelle raffigurazioni degli schiavi dell'Africa del Nord, come nell'amplissimo vocabolario classico già collaudato, il suo mezzo espressivo più congeniale.

Successivamente, intervenne il revival; il fatto che la nuova classe dominante non avesse ancora un proprio linguaggio né un proprio repertorio di immagini, causò la ripresa degli stili precedenti, i tanti neostili, dappertutto e quasi per tutto il secolo, fino alla reazione del movimento Arts&Crafts, da cui derivò l'Arte Nuova, un concetto radicalmente nuovo di "arte". Dallo stile impero all'Art Nouveau, fu dunque un secolo d'esperienza completamente nuova nell'argenteria, che fu prodotta da ditte e da grandi industrie, accanto a poche creazioni uniche, ovviamente destinate a case reali o a doni di rappresentanza.

In Inghilterra la ditta Rundell, Bridge & Rundell; il celebre Paul Storr, che realizzò il servizio da tavola per il duca di Wellington e creò il trofeo per l'ammiraglio Nelson dopo Abukir; la ditta Garrard, attivissima durante il regno della regina Vittoria; l'argentiere George Correl. In Francia si distinsero J.B. Claude Odiot e Guillanme Biennais, argentieri ufficiali di Napoleone, e, più tardi, Francois Maurice e la celebre Christofle. Nella seconda metà del secolo, i nomi di Faberge e di Tiffany entrarono nel mito, oltre che nella storia.

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