Il motore a ioni, utilizzato finora in alcuni satelliti, sfrutta le forze elettriche ed è circa 10 volte più efficiente di un motore tradizionale di tipo chimico.
Li dea si può far risalire al 1906 e al pioniere dell'astronautica Robert Goddard, anche se la tecnologia necessaria alla sua rea lizzazione si è sviluppata negli ultimi 50 anni portando, recentemente, allo sviluppo del motore della sonda Nasa "Deep Space-1" lanciata nel 1998 La propulsione è fornita da un gas (per lo più xenon) che viene bombardato da un fascio di elettroni e dunque ionizzato: gli atomi vengono privati dei loro elettroni esterni e le particelle assumono carica positiva, diventando ioni.
Gli ioni vengono poi spinti verso una griglia ad alto potenziale elettrico (oltre 1.000 volt) ed espulsi all'esterno del razzo (vedere di segno), alla velocità di 100 mila km/h, generando la propulsione. Gli elettroni eccedenti, rimasti all'interno, vanno però a loro volta espulsi, al fine di neutralizzare l'attrazione elettrica esercitata dagli ioni appena usciti, che, altrimenti, frenerebbe l'astronave. Quando ciò avviene, gli atomi si ricompongono, e si verifica l'emissione di luce, di colore blu, che dà colore al propellente espulso.